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13/09/10

Per un uso responsabile della terra

Il suolo è una risorsa limitata e fortemente esauribile. Su di esso si edificano case, strade, negozi, centri di aggregazione sociale, luoghi di culto: tutto ciò che è legato con il bisogno di socialità proprio delle comunità umane. Ma è altrettanto vero che la terra non è un bene infinito: la capacità rigenerativa di un terreno verde che è stato cementificato è vicina allo zero. Il consumo di suolo ha ormai assunto in Italia dimensioni che non possiamo permetterci di ignorare e che anzi, ci chiamano alla responsabilità politica di una presa di posizione coerente.

L’urbanizzazione è stata ed è ancora oggi, la causa principale di consumo di suoli liberi. La crescita sempre maggiore della pressione edilizia rappresenta un fenomeno fortemente minaccioso per le aree verdi confinanti con le nostre metropoli.

Tutto il Paese è attraversato dal problema, laddove vengono destinati al cemento terreni agricoli fertili e dove la campagna diviene periferia urbana senza identità. E il fenomeno è più allarmante se si considera che la popolazione italiana, negli ultimi decenni, è cresciuta pochissimo.


E’ un problema anzitutto culturale, se una società vende il proprio paesaggio, la propria terra, quindi le proprie tradizioni, le memorie sulle quali si riconosce ogni comunità umana, per ricavare guadagno economico.

Il compito di affrontare le tematiche relative al consumo di suolo per pianificarne un uso responsabile, attiene alle sensibilità e alle scelte politiche in capo alle amministrazioni pubbliche. Siano esse regioni, province, parchi nazionali o comuni, il presente e il futuro dei suoli è strettamente connesso all’attenzione che la politica saprà dedicare, risvegliando la partecipazione popolare dei cittadini, alla tutela di un bene comune prezioso e limitato, la terra.

E se iniziamo a mettere testa e mani negli uffici comunali, tra PGT (Piano di Governo del Territorio) da approvare con il grigio dei tempi che concede la burocrazia e vincoli statali che rendono i bilanci locali stitici, ci accorgiamo subito di come sia difficile ottemperare contemporaneamente al compito di avere i bilanci in attivo e difendere i terreni pubblici dalla cementificazione non giustificata.

Infatti, l’attuale modello della fiscalità locale basato sugli oneri di urbanizzazione non sembra adeguato a rispondere in modo efficace alla sfida di salvaguardare i territori liberi e, più in generale, i paesaggi agricoli e naturali da un comparto edilizio sempre alla ricerca di nuove aree da trasformare.

Siamo di fronte, insomma, ad una fiscalità sbilanciata verso gli interessi dell’edilizia e dei grandi gruppi del calcestruzzo, per cui un comune che costruisce, indipendentemente dal reale bisogno abitativo, è “premiato” dagli oneri di urbanizzazione (a carico del costruttore), mentre un comune virtuoso, che voglia limitare le nuove urbanizzazioni, si trova penalizzato dalla mancanza di incentivi legislativi che riconoscano la bontà di un’azione a difesa dei suoli liberi.

Semplificando, si potrebbe affermare che il legislatore dovrebbe introdurre al più presto dei “premi di non-urbanizzazione”, per sostenere finanziariamente quei comuni che hanno orientato le loro politiche urbanistiche alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio e della qualità ambientale.

Esempi in tal senso incominciano a non essere più isolati e non poche sono le amministrazioni che hanno messo al primo posto della loro agenda politica la conservazione dei propri suoli.

Tra queste, troviamo Cassinetta di Lugagnano, un piccolo comune del milanese, che ha approvato nel 2007 un PGT a “crescita zero” di territorio urbanizzato. Ma segnali di un cambiamento che deve essere innanzitutto culturale nell’interpretare la terra non come merce, sono rappresentati anche dal mondo dell’associazionismo, a cui una politica che non si dimentichi il concetto di “rappresentanza” ogni mattina, dovrebbe sapere guardare con occhio onesto e vigile, per dare forma e sostanza alle sollecitazioni della società civile. La proposta di legge di iniziativa popolare presentata in Regione Lombardia da Legambiente per frenare il consumo di suolo, ad esempio, potrebbe essere lo stimolo per affrontare con organicità la questione.

di Agostino Cullati

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