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02/02/10

Biologico, OGM, mercato: Francesca e Marco, due studenti di agraria, ne hanno discusso animatamente. E tu, con chi stai?




Dalla terra l'uomo ha sempre ricavato la sua sussistenza. Se la tecnologia ha rivoluzionato i nostri modi di comunicare, viaggiare e lavorare, finora non è riuscita a liberarci da quel vincolo inestricabile con la terra, che ci mette al mondo, ci fornisce il nutrimento per vivere e ci riaccoglie quando lasciamo la vita.




L'uomo, come ben sapevano gli antichi greci, è una creatura mortale che in quanto tale non può accedere all'ambrosia (dal greco antico am-brotos=im-mortale), il cibo riservato agli dei, ma deve cibarsi di alimenti a base di cereali, dei quali, come per osmosi, è costretto a seguire il ciclo vitale: nascita da un seme, crescita, morte e ritorno nella terra.

I problemi posti dall'agricoltura sono quindi costitutivi del rapporto tra l'uomo e l'ambiente ed è da essi che bisogna partire per analizzare le questioni più urgenti dell'attualità. Malgrado gli enormi progressi della scienza e il rapidissimo incremento del benessere della parte più fortunata del mondo, metà della popolazione umana non ha abbastanza da mangiare. Mentre in pochi si adoperano per estendere a tutti la possibilità di accedere al cibo necessario per la sopravvivenza, ci sono timidi segnali che dimostrano come una quantità crescente della popolazione dei paesi ricchi stia riflettendo sulla sostenibilità delle proprie abitudini alimentari.

Il boom dell'agricoltura biologica. I sempre più vistosi eccessi dell'industrializzazione. I pro e contro degli OGM. La sovranità del mercato come unico regolatore della produzione di beni agricoli.

Tutti questi aspetti meritano ricerche serie ed approfondite. Statale Sostenibile, in continuità con la sua vocazione di progetto che stimoli gli studenti (e non solo) ad informarsi sui temi legati all'ambiente, ad approfondirli e a formarsi autonomamente un'opinione prima di agire con maggior cognizione di causa, vi propone un dibattito che si svolto qualche giorno fa tra due studenti di agraria.

Vi invitiamo quindi a leggere questa animata discussione, nella quale potrete intervenire inviandoci i vostri commenti. Ci piace particolarmente il fatto che il dialogo che leggerete sia rimasto aperto, in sospeso: è come se sentisse l'esigenza di coinvolgere nuovi interlocutori in grado di riprendere i temi sollevati da Francesca e Marco, di completarli, di svilupparli o di proporne di nuovi. Naturalmente, tramite i commenti potrete rivolgere delle domande direttamente ai due autori.

Un saluto a tutti!

La regía di Statale Sostenibile


FRANCESCA: La logica di mercato si fonda sul concetto di scarsità: in caso di abbondanza naturale qualsiasi entità non ha valore. Per questo acqua e verde sono in processo di monetizzazione: cominciano a scarseggiare...
Inoltre è inaccettabile sterminare con erbicidi tossici erbe che sono per la metà edibili o medicamentose. Vi sembra normale che siamo costretti a comprarle poi a peso d'oro solo perché così facciamo un favore al PIL?

L'agricoltura biologica può produrre abbastanza per tutti, a patto che si segua una dieta....non esattamente carnivora, naturalmente. Vi consiglio di leggere Francis Moore Lappè: “I dieci miti dell'agricoltura industriale”. In particolare, mi sembra azzeccatissima la metafora dei contadini che cessano di essere sovrani per diventare macchine di ingranaggi dell'industria alimentare. La signora Lappè ha scritto anche un "Diet for a small planet", mai tradotto.

E poi c'è il problema dei fertilizzanti chimici, che sono tutt'altro che sostenibili: produrli e trasportarli richiede un enorme consumo di energia fossile. La prova concreta? La recente crisi energetica ha fatto impennare i pressi dell'unità fertilizzante.

Infine vi ricordo che carta, vestiario e mobilio sono ricavati da altrettanti prodotti agricoli. Di conseguenza, se vogliamo riuscire a sfamarci e al contempo salvare l'Amazzonia dobbiamo moderare anche questi consumi. Per dirla con Gandhi: "sulla terra c'è abbastanza per le necessità di tutti, ma non abbastanza per la bramosia di qualcuno".

MARCO: In parte ti do ragione, Francesca. Il chimico è poco sostenibile sul lungo andare. Tuttavia sul campo pare essere meno inquinante a breve termine.
Inoltre il tuo ragionamento ha almeno una falla piuttosto evidente. Prova a riflettere: se vi fosse solo il biologico a livello mondiale, e dovessimo tenere gli stessi appezzamenti agricoli di oggi, dovremmo praticamente rinunciare all’allevamento di animali. A quel punto dovremmo dire addio a gran parte del concime organico disponibile, saremmo costretti a ritornare da capo ed usare i concimi chimici, che darebbero i problemi che tu stessa hai esposto.
Il problema è che sulla terra siamo più di sei miliardi, se fossimo la metà potremmo tranquillamente basarci solo sul biologico, ma al momento siamo troppi!

FRANCESCA: D'accordo, ma allora sentiamo, quale sarebbe la tua soluzione? Hai detto tu stesso che (cito) "sul lungo andare il chimico non è sostenibile” (e ti faccio notare che ci stiamo rimettendo già ora sotto il profilo della qualità della vita). Io allora ti chiedo: perché non iniziare a cambiare fin da subito? Che cosa stiamo aspettando?

Forse gli OGM? Così facendo si condannerebbe il contadino a fare l'operaio di una catena di montaggio, comandato a bacchetta sul come-cosa-quando e quanto deve produrre. Io su questo sono categorica: NO agli Ogm.

Anzi, credo che in quanto agrari dovremmo assumerci il compito sensibilizzare su questa incredibile impasse a cui stiamo andando incontro con colpevole incoscienza...

Vorrei tornare poi un attimo sull'allevamento industriale (che ormai è rimasto quasi l'unico tipo di allevamento, dato che continuiamo a pretendere le stesse quantità di carne agli stessi prezzi). Questo tipo di allevamento produce fertilizzante solo al costo di gravi investimenti energetici, che ne vanificano l'utilità economica. In che modo? Gli animali, tanto per cominciare, sono alloggiati su grigliato piuttosto che su paglia (che, per carità, è troppo costosa!); inoltre, le deiezioni che sono lavate via durante le operazioni di pulizia, si annacquano e diventano difficilmente gestibili per via dei volumi e della forma liquida. Per non parlare della presenza di molecole chimiche di medicinali somministrati agli animali, che si accumulano nel suolo. Perché vi rendiate conto della gravità di quest'ultimo fenomeno, sappiate che anche le nostre medicine (che non "spariscono", ma vengono filtrate dai reni ed espulse) stanno causando un nuovo e non ancora quantificato danno alle acque, di cui ci viene detto troppo poco. Se fossimo più informati, saremmo costretti a ripensare il nostro rapporto con le medicine, e a ridurne drasticamente l'assunzione.
Questo per dire che le deiezioni suine sono più una calamità che un "fertilizzante". E poi i fertilizzanti naturali esistono e sono validi: si tratta dei sovesci, specialmente quelli di leguminose.
Dovremmo riflettere in generale sui livelli record di spreco di cibo e i problemi di salute che gravano sulla Sanità Pubblica dovuti a dieta troppo ricca di grassi animali.
Vi do alcune semplici cifre sulle proteine consumate e ottenute con l'allevamento delle diverse carni: mangiando carne bovina sprecate una quantità enorme di proteine (8 somministrate per 1 resa). La proporzione scende a 5 a 1 per i suini e 3 a 1 per il pollame. Insomma: se volete adottare una dieta sostenibile che non sottragga troppe proteine ai paesi in via di sviluppo, dovete o astenervi del tutto dal mangiare la carne (soluzione preferibile) oppure diminuire severamente il consumo di quella bovina, moderare quello di carne suina e accontentarvi, ogni tanto, della carne più eco-sostenibile: il pollame.

MARCO: Perdonami Francesca, ma secondo me la tua contrarietà totale verso OGM è poco razionale, perché si basa sull'opposizione un po' schematica tra ciò che è naturale (e quindi buono) e ciò che è modificato con l'ausilio della scienza (e quindi cattivo).
Ti ricordo che i prodotti che coltiviamo comunemente (a cominciare dal frumento stesso) non sono naturali, ma sono già il prodotto di una selezione “artificiale”, fatta da noi uomini: in “natura” non esisterebbero. Gli OGM, se gestiti con criterio, potrebbero essere una soluzione che permetta di abbassare l’inquinamento da insetticidi e diserbanti. Del resto, come più volte si fa notare spesso agli oppositori degli OGM, il miglioramento genetico, sebbene in forme diverse, si è sempre fatto.

FRANCESCA: A me invece risulta che gli OGM non producano di più... Anzi, mi sembra che rientrino perfettamente nella logica dell'industrializzazione dell'agricoltura (che, scusate la ripetizione) porta spopolamento, inquinamento, monocoltura, perdita di valore paesistico, perdita di biodiversità...

MARCO: Sì, in effetti l’industrializzazione agricola pone dei problemi seri. Ma gli OGM, in sé, consentirebbero di ridurre l’inquinamento da pesticidi e diserbanti...Inoltre, secondo certi autori, le varietà più resistenti producono di più.
Bisogna insomma scindere la questione degli OGM da quella dell'industrializzazione dell'agricoltura (se per industrializzazione intendiamo la trasformazione dell’economia rurale in economia industriale, ossia ad un’economia dove vi sia legge della domanda e dell’offerta e concorrenza).
L’industrializzazione dell’agricoltura è un processo che va analizzato dal punto di vista economico perché economica è la trasformazione che ha messo in atto (e che ormai dura da più di due secoli).
Gli OGM, invece, non c'entrano nulla con l’industrializzazione e non devono quindi essere accusati per i problemi causati da quello che resta un fenomeno economico.


FRANCESCA: Non hai risposto alla mia domanda, Marco. Te la riformulo: in che stato si trova oggi l'agricoltura, e cosa possiamo fare concretamente per aiutarla, considerando tra l'altro che essa è custode dell'ambiente e del paesaggio?

A me non pare che il tema vada analizzato solo dal punto di vista economico... I contadini avranno ben voce in capitolo, o no? E noi, in quanto fruitori dell'ambiente (che dalle nostre parti è sostanzialmente agricolo, foreste incluse!) avremo voce in capitolo, o no?

È ancora possibile nella società di oggi dire forte e chiaro che si preferisce la varietà alla monocoltura, il sostenibile all'ambientalmente insostenibile, l'acqua con pochi nitrati all'acqua con alto livello di nitrati?

E se abbiamo a cuore questo tipo di scelte, ti sembra giusto che siamo costretti a rinunciarci per risparmiare denaro (dato che la carne scadente prodotta su vasta scala costa meno) che siamo poi portati a spendere in altri beni superflui (comprese le spese mediche!), oppure abbiamo ancora il diritto di operare delle scelte che possano conciliare sostenibilità e bellezza?

A te piacerebbe essere un produttore schiavo del mercato e alla speculazione?
Vorrei sinceramente capire qual è la tua posizione su queste questioni.

Credo che sia importante essere chiari su quello che pensiamo e sulle conseguenze che le nostre idee possono avere sul mondo che ci circonda.

MARCO: Ti dico subito come la penso: molto semplicemente, il contadino non solo non è schiavo del mercato, ma deve al mercato la sua sopravivenza. Il contadino produce ciò che la gente richiede, se vuole sopravvivere. Se la gente chiede tanto cibo (visto che siamo in tanti) il contadino produce tanto, non perché sia un benefattore, ma perché gli conviene dal punto di vista economico: se non gli convenisse andrebbe a fare un altro mestiere.
Noi siamo liberi di dire che preferiamo la varietà alla monocultura, il sostenibile all’insostenibile, e l’acqua con pochi nitrati a quella con altri livelli, e se fossimo in tanti a sostenere questo il contadino andrebbe a produrre seguendo questi criteri, ma, anche in questo caso, sarebbe la richiesta di mercato ad imporglielo.
La vera sfida è convincere la gente a volere queste cose, ad acquistare i prodotti ecosostenibili: se alla gente non gliene frega niente, è ovvio che la maggior parte dei contadini andranno avanti a produrre nel modo che gli conviene maggiormente. Bisogna riuscire a far cambiare idea alla gente, e quello dev’essere il nostro impegno!
Il problema dell”aver tanto cibo a basso prezzo”, in Italia può essere inopportuno, ma nel terzo mondo funziona così per forza: se si producesse di meno e a prezzi più alti faremmo morire di fame ancora più gente di quanta purtroppo ne muore oggi.
E’ sbagliato credere che sia importante solo la qualità e dimenticarsi della quantità, che è altrettanto necessaria, a meno che tu voglia fornire una piccola quantità di prodotti di qualità ad alto prezzo e lasciar morire di fame chi non può permetterseli.
Produrre tanto è importante: può non esserlo se ci limitiamo a guardare nel nostro giardino, ma se guardiamo al mondo, è necessario. Bisogna trovare un equilibrio su questo: su un piatto della bilancia dobbiamo mettere la qualità e il rispetto ambientale, sull'altro la quantità. Perché io, come te, ovviamente, preferisco la varietà, ma se la varietà non da cibo per tutti, e la monocoltura sì (fortunatamente non è così, lo dico a titolo di esempio), a questo punto preferirei la monocoltura. La risposta è proprio questa: dobbiamo preoccuparci per l’ambiente, che è assolutamente una priorità, e per la qualità dei prodotti che mangiamo, ma al tempo stesso dobbiamo preoccuparci di sfamare il numero di persone più grande possibile.
Da qui nascono i miei dubbi sul biologico. Ovvio che se il biologico bastasse per sfamare il mondo intero sarebbe assolutamente preferibile; ma se il biologico ci desse prodotti più di qualità, ma a prezzi più alti e minor quantità (lasciando morire di fame chi non può permettersi di pagare questi prezzi) e per sfamare la rimanente parte della popolazione dovessimo tagliare le foreste, andando così a danneggiare l’ambiente, forse allora preferirei prodotti di una qualità lievemente inferiore, ma che preservino l’ambiente e diano da mangiare a più persone possibili.
Sugli obiettivi credo che tutti siano d’accordo: rispettare l’ambiente, rispettare la salute dell’uomo, permettere a tutti gli uomini di accedere alle risorse alimentari. Si può discutere sui mezzi, cercando di non guardare mai un solo lato della medaglia, non arroccandosi su posizioni prettamente ideologiche che non guardino alla pratica.
Gli OGM, come il biologico, hanno aspetti positivi e negativi: il nostro compito è valutare quale aspetto prevalga. E non è mai semplice, sia perché è difficile prevedere gli effetti di una scelta su larga scala, sia perché talvolta per una persona è più importante avere un prodotto con meno nitrati, mentre per un’altra è più importante dare da mangiare a tutti. Queste cose sono tutte importantissime ovviamente, quindi bisogna trovare una mediazione, cercando di trovare la soluzione migliore.

FRANCESCA: Abbiamo posizioni molto diverse, non c'è niente da fare. Tu credi che nel mondo ci sia scarsità di cibo, mentre io penso che si tratti di scarsità indotta. Tu credi che la gente muoia di fame per via della scarsità. Su qst'ultimo tema cito un premio Nobel per l'economia, Amartya Sen, che scritto proprio che le carestie sono frutto del mercato e dei "difetti" di distribuzione.

Capisco che l'unico (il primo a larga distanza dal secondo) problema per te sia quello della quantità, e che tu ritenga che l'unica soluzione sia semplicemente produrre di più, per lo più con gli stessi mezzi con cui si è prodotto finora (abbiamo convenuto che gli OGM non sono null'altro che nuove varietà, che richiedono le vecchie tecniche dell'agricoltura industriale).

Ma non si è già sempre fatto così, specialmente dalla seconda metà del 900? A sentirti sembra che per te non ci sia problema alcuno per l'agricoltura: c'è il mercato che regola, ci sono i mezzi (chimica, ogm), c'è da produrre di più, costi quel che costi...

Ti chiedo insomma se ti sembra accettabil che il mercato abbia progressivamente tolto agli Stati e ai cittadini la loro sovranità.

MARCO: Per quanto riguarda la quantità di cibo, che non è sufficiente per una popolazione che continua ad aumentare, non è una mia fissazione, è così: i dati sono sotto gli occhi di tutti. Avevo visto un calcolo di quanto consuma in media un italiano, erano presi in considerazione diversi beni (carne, verdura, etc) e moltiplicando per 5 miliardi veniva sempre di più della produzione mondiale di quel bene: peggio ancora per gli statunitensi, che ne consumavano ancora di più.
Questo vuol dire quei beni non sono presenti in quantità sufficienti nel mondo, visto che non mi sembra che in media gli italiani siano un popolo obeso, ma che mangia il giusto.
Ho già detto quali sono per me i problemi dell’agricoltura: sostenibilità ambientale, qualità per la salute, e quantità.
Attenzione poi ad invocare un maggior ruolo dello Stato nell'economia: ci hanno provato nell'Unione Sovietica e in molti altri paesi, ma non ha mai funzionato, anzi, ha causato le catastrofi che tutti conosciamo.
A voi la parola! :)

2 commenti:

Unknown ha detto...

in realtà, non dicevo "Io su questo sono categorica: NO agli Ogm." quanto che i contadini NON debbono essere ridotti a dei lavoratori di catena di montaggio (modalità di lavoro che deve sparire CATEGORICAMENTE da ogni settore produttivo!). ritengo che gli ogm non siano altro che un ulteriore tassello nell'espropriazione dell'autonomia del lavoro contadino.

Igor ha detto...

Che bello, c'è ancora questo blog!